“Le prime presenze le ho fatte con Tudor, nella stagione successiva ho iniziato a giocare con regolarità ma mi sono stirato un tendine e sono rimasto fuori per 3 mesi. Poi nella scorsa sono partito giocando un po’ meno e trovando la continuità in un secondo momento. Quest’anno è quello della consacrazione, diciamo così, mi sento meglio fisicamente e sento la fiducia di mister Zanetti e della società”
“Sono andato spesso allo stadio nell’annata in cui c’era Luca Toni in attacco. Nell’ultima partita di campionato della scorsa stagione contro l’Inter, siamo entrati in campo con le famiglie e mio fratello mi ha detto: ‘Come fai a giocare davanti a tutta questa gente?’. Era sempre stato in tribuna, non aveva mai visto la visuale dal campo. In effetti è un bell’impatto, mi chiedeva se davvero anche le proporzioni fossero così. Il nostro è uno stadio molto avvolgente, e soprattutto quelli con le tribune attaccate al campo mi stuzzicano: da San Siro a Marassi, ma anche quello di Cagliari che è più piccolo ma è una bolgia, senti di avere i tifosi attaccati”.
“Nella giovanili, ogni anno cambiava l’allenatore e puoi non ritrovarti tra le preferenze, vuoi per stile di gioco o per caratteristiche fisiche, oppure per come stai crescendo. Fino a 13 anni è stato così. Non ero ancora predisposto fisicamente, soprattutto, e infatti ero spesso giù per il calcio. Non pensavo neanche alla Serie A: era un sogno, ma proprio una cosa irraggiungibile, cioè neanche ci pensavo. Non dicevo “Ok, da grande farò il calciatore”. A 15 o 16 anni, che sono i primi che iniziano un po’ a contare di più, ho iniziato ad avere spazio. Mi è capitato di parlare con i ragazzini del settore giovanile e lo dico spesso: “Se non giocate oggi, non significa che non arriverete domani”. C’erano miei compagni a 11 anni che erano considerati grandi promesse e non sono arrivati neanche alla Primavera, io invece non giocavo e ora sono in Serie A e in Nazionale’. Io, ad esempio, a 15 anni ho trovato un allenatore che mi ha dato fiducia e da lì mi sono preso tutto“.
“Tudor ci chiedeva grande aggressività. A metà stagione andai in pianta stabile in prima squadra e giocavamo sempre addosso all’avversario, uomo a uomo attaccati, con pressing alto a tutto campo, quindi gli andavo forte da dietro. Poi Simeone è un ragazzo clamoroso, veramente bravissimo, anche adesso che abbiamo giocato contro di lui l’ho marcato standogli addosso e non si è mai lamentato di niente, così come in allenamento quando ero uno di 17 anni tra i grandi. Solitamente in allenamento ti chiedono di andare un po’ più piano, invece lui mi spronava a fare meglio e continuare ad alta intensità“.
“L’Olanda è una delle favorite all’Europeo, mentre la Danimarca è una grande squadra: abbiamo buone sensazioni, sappiamo di essere forti. Conosciamo la Spagna, anche loro sono tra i favoriti, mentre la Romania dobbiamo ancora studiarla. La Slovacchia è la nazionale che ospita, ne ho parlato anche con Suslov a Verona, che è nella maggiore, e mi ha detto che sono molto bravi nell’Under 21 e che ci batteranno, anche perché hanno lo stadio a favore. Io ho giocato in Slovacchia quando abbiamo partecipato all’Europeo Under 19 e vincemmo 1-0, ma ci misero sotto soprattutto con i tifosi di casa che li incitavano. La Francia ha una qualità altissima ed è tra le favorite. Vedremo all’Europeo… speriamo di beccarli in finale” ha dichiarato a Cronache di Spogliatoio il difensore dell’Hellas Verona, Diego Coppola.
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